Mettere in posa il proprio inconscio e dargli modo di rappresentarsi attraverso i gesti di due modelle e pochi accessori, non è impresa semplice. Si rende necessaria una sincerità affilata, complessa e dolorosa. Allo stesso tempo la liberazione conseguente porta con sé un nuovo piacere, un'elevazione, un'estasi. Tema caro all'arte religiosa barocca, qui ripreso in chiave psicologica.
Un lavoro di apertura del vaso di Pandora, che, se condotto senza le necessarie cautele, può portare a disastrosi risultati e, non a caso, a compierlo con consapevolezza ammirevole è una donna. In questo periodo, dominato dall'incertezza sui grandi riferimenti culturali, il pensiero al femminile spesso riesce a dire parole nuove senza preoccupazioni per una tradizione ormai esausta.
Pamela Pompei possiede un gusto innato, una propensione alla metafora elegante, un notevole controllo formale e la sequenza di immagini qui esposta contiene tutto ciò. Attraverso il passaggio digitale l'autrice riesce poi a precisare meglio il contorno dell'operazione, traslandolo verso una figurazione mediata da scontorni e coloriture surreali che ne rafforzano il valore simbolico.
La sua ricerca non si esaurisce certo qui, anzi la accompagnerà ancora a lungo, essendo molteplici gli aspetti inconsci che ognuno di noi porta nel suo vaso ben sigillato. Lei non si teme e ci dice di non temerci, questo forse il miglior viatico per una Via Crucis che diviene Via Lucis, verso il traguardo più difficile: l'incontro con se stessi.
Fulvio Bortolozzo
21 giugno 2000
©2000 Pamela Pompei