13/09/00

Robert Doisneau - La dolce vista


A distanza di due anni dalla ampia retrospettiva di Palazzo Cisterna, il mondo di Doisneau torna a proporsi allo sguardo dei torinesi. Gli elementi che lo compongono sono oramai arcinoti, trattandosi di uno degli autori d'oltralpe più apprezzati dal pubblico internazionale per la universalità e semplicità, apparente, delle sue fotografie.

Il valore di Doisneau non risiede certamente nella sua qualità di stampatore, e l'attuale esposizione ne è una riprova, ma nella simbologia che ha saputo trasmettere attraverso le sue immagini. Nei risultati migliori vi è difatti sempre un superamento dell'evento ripreso in direzione della sua valenza ideale. La famosa fotografia "Le baiser de l'Hôtel de ville" del 1950, qui esposta con una vintage print, ne è un esempio lampante, assurta com'è a simbolo dell'innamoramento giovanile e diffusa da anni come poster in tutto il mondo.

In altri casi Doisneau non arriva a risultati altrettanto efficaci ed oggi alcune sue immagini ci appaiono indulgere troppo al bozzetto di genere. In questo senso, la selezione delle 61 opere della mostra, in massima parte comprese tra la metà degli anni Quaranta e la fine dei Cinquanta, non risulta felicissima. Puntando eccessivamente su Doisneau come divertito cantore di una Parigi d'antan, fatta di vivaci quartieri popolari, "poetiche" banlieu e piccoli siparietti comici, si rischia di travisarne l'autentico valore. Per evitare simili fraintendimenti, oltre ad una diversa scelta delle immagini esposte, sarebbe stato auspicabile ripetere l'utile presenza di quell'apparato didascalico con il quale la Fondazione aveva accompagnato le ultime mostre storiche (Bourke-White e Goldbeck).

Va difatti considerato che la Parigi fotografata da Robert Doisneau è così culturalmente lontana da noi che, senza una lettura storicizzata, ci appare troppo vicina all'iconografia banale di cui si nutre l'odierno immaginario nostalgico. Invece la grande intuizione innovativa di Doisneau fu proprio di fotografare ciò che allora era ritenuto senza importanza, di portare alla luce la bellezza nascosta in un sorriso, in un gesto, in cose e ambienti urbani di ogni giorno e di cui nessuno coglieva l'aspetto meraviglioso. Il tutto con un istintivo umorismo di situazione degno del miglior Jacques Tati. Una sensibilità di sguardo, quella di Doisneau, completamente legata al suo modo di vivere da genuino abitante della banlieu. Con la scomparsa dei vecchi sobborghi d'anteguerra, brulicanti di vita, e l'avvento della alienazione metropolitana degli anni Sessanta e Settanta che li avrebbe trasformati in anonimi dormitori, anche la vena creativa del miglior Doisneau si sarebbe lentamente, ma inesorabilmente, esaurita. Più di altri autori, e forse similmente solo ad Atget e Brassäi, Doisneau visse nel tempo, e per il tempo, in cui la sua Parigi è realmente esistita.

(vista il 13 settembre 2000)


Fondazione Italiana per la Fotografia
via Avogadro 4, Torino
(tel. 011.544132)
Ingresso: Intero Lire 10.000; ridotto: Lire 7.000.
Orario:
15.00 -19.00 dal martedì al venerdì.
10.00 - 19.00 sabato e domenica.

Dal 13 settembre al 5 novembre 2000.