16/11/00

Aleksandr Rodchenko

Con questo intervento su Rodchenko, inizia una nuova serie di scritti pensati appositamente per Mocambo.
Mocambo è blog pubblicato per passione e rivolto ad altri appassionati. Questo fatto mi esime dal competere con le recensioni delle riviste di settore, per cui ho rinunciato consapevolmente a confezionare un testo critico ed informativo, a favore di un più sciolto e colloquiale commento. Il parere, insomma, di un avventore in vena di far due chiacchiere con gli amici, sorseggiando, in questo caso, una vodka lemon.

Fulvio Bortolozzo


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Aleksandr Rodchenko 1891-1956
(fotografia e grafica)

La voce di Carmelo Bene, cantilenante ed ipnotica mi accoglie nelle sale della Fondazione, solo dopo riesco a scorgere la prima fotografia di Rodchenko. Proviene da un videotape che gira su un piccolo monitor in un angolo. Per tutto il resto della visita quella voce contribuirà ad aumentare la commozione del ritrovarsi insieme ad Aleksandr Rodchenko.

Il fotografo Rodchenko nasce dopo le esperienze visive come pittore e grafico, Fece parte del movimento Costruttivista capeggiato da Tatlin e visse intensamente, e da protagonista, gli anni che seguirono i dieci giorni che sconvolsero il mondo. Nel 1921, quando aderisce al gruppo di Tatlin, è un trentenne che pensa veramente alla possibilità di coniugare arte e vita per la costruzione di un mondo nuovo, socialista e solidale. Un'umanità che si lasci alle spalle tutti i retaggi del passato ed inventi giorno per giorno il suo luminoso futuro. La fotografia è per lui nient'altro che un'arte nuova, audace, in grado di sovvertire tutte le accademie.

Le iniziali fotografie degli anni '20 sono delle proiezioni dirette delle sue esperienze grafiche. Quella grande grafica rivoluzionaria che seguendo la lezione di El Lissistky si cimenta nella produzione degli stampati sovietici. L'artista deve uscire dal suo atelier e impugnare gli strumenti del lavoro quotidiano, per contribuire a creare un'avanguardia illuminata in grado di dare al popolo la futura umanità promessa: nuove riviste, nuovi manifesti, nuovi film, nuove case, nuovi mezzi di trasporto, tutto nuovo e fatto al massimo delle capacità progettuali e produttive di un'intera generazione. Illusione generosa che l'avvento di Stalin, avrebbero spazzato via.

Nella mostra, che la Fondazione ha coprodotto con il Musée National Fernand Leger di Biot, tutta questa tragedia artistica è presente, anche se solo ad un occhio attento ed erudito sui fatti. Lo svolgersi triste degli eventi è tutto lì, davanti agli occhi del visitatore. Dalle prime emozionanti fotografie con le loro ardite prospettive, passando per gli intensi ritratti di compagni e amici, sino alle stanche riprese fatte alle manifestazioni sportive staliniane, senza più l'estro di un tempo e nemmeno l'energia visionaria che una Leni Riefenstahl manifestava, in quegli stessi anni, a Berlino.

(vista il 16 novembre 2000)





Fondazione Italiana per la Fotografia
via Avogadro 4, Torino
(tel. 011.544132)
Ingresso: Intero Lire 10.000; ridotto: Lire 7.000
Orario:
15.00 -19.00 dal martedì al venerdì.
10.00 - 19.00 sabato e domenica.

Dal 16 novembre al 14 gennaio 2001.